Luca non l’ha presa benissimo, ma ogni tanto si sentono e lei lo invita anche a bere una birra con gli amici. Un paio di volte si è anche lasciata baciare, sul portone di casa, e questo gli fa sperare che lei, prima o poi, torni sui suoi passi.
Un giorno sul lavoro Diana conosce Emanuele. Tra di loro scatta immediatamente una grande chimica, si capiscono perfettamente e hanno tantissime cose in comune, tanto che nel giro di poche settimane, i due sono ufficialmente una coppia.
In queste settimane Diana e Luca si sono sentiti diverse volte, ma lei non ha mai trovato il coraggio di raccontargli la novità. Una sera mentre è a cena con Emanuele in uno dei suoi locali preferiti, intravede Luca in strada con la coda dell’occhio; lui li ha visti e ha capito che quella non è solo un’uscita tra amici. Lei cerca di pensare ad una spiegazione da dargli ma stranamente lui, dopo averla fissata negli occhi, se ne va. Diana non sa bene come comportarsi ma pensa che in fondo è meglio così: per le spiegazioni ci sarà tempo domani.
Quella sera si addormenta con il cellulare acceso, in silenzioso, e al suo risveglio la prima cosa che legge sul display è “247 nuovi messaggi”.
Diana sorride stranita: chissà cosa è successo stanotte in uno dei tanti gruppi Whatsapp di cui fa parte!
Incuriosita apre l’applicazione e quello che trova, la sconvolge. I messaggi sono tutti di Luca, e vanno in un crescendo inquietante. I primi sono sul genere “Perché lo hai fatto? Perché non me lo hai detto? Era per questo che non mi chiedevi più di uscire?”.
Poi come se qualcosa di oscuro prendesse il sopravvento su di lui, i messaggi diventano più volgari: “Vuoi fare la santarellina ma sei una puttana. Lo sanno i tuoi amici che sei una puttana? Puttana, puttana, puttana”.
Altre 25 volte puttana.
E poi “E’ tutta colpa tua. Hai rovinato tutto. È questo che volevi? Ora sapranno tutti che cosa hai fatto. Il tuo nuovo fidanzatino saprà quello che facevi con me mentre stavi con lui. Ho le prove.”
Diana è sconvolta. Chiama Luca con il cuore in gola. Lui risponde al primo squillo, come se avesse il telefono in mano. Lei gli chiede perché le ha scritto tutte quelle cose. Lui scoppia in un pianto dirotto e le chiede di perdonarlo. “Scusami, non so cosa mi sia preso. Non ero io a parlare ma la mia rabbia. Mi scoppiava la testa. Ti prego perdonami, non penso tutte quelle cose che ti ho detto. Lascialo e torna con me, siamo fatti l’uno per l’altra”.
Diana per un momento si sente sollevata. Si convince che si è trattato di un momento passeggero e che sicuramente vederla con un altro, ha sconvolto Luca. Gli chiede scusa a sua volta per non avergli parlato di Emanuele, ma che sta bene con lui e non intende lasciarlo.
Luca accetta le scuse e le spiegazioni di Diana, e i due si salutano con apparente tranquillità. Diana gli promette di non raccontare niente a nessuno. Certo non vuole metterlo in cattiva luce con gli amici, né desidera che tutti sappiano le sue cose, un po’ per orgoglio, un po’ per vergogna.
Quella sera decide di non uscire. Questa cosa l’ha molto provata e al lavoro la giornata è stata dura. Nel tragitto verso casa si sente strana. Si gira a guardarsi indietro, ma non c’è nessuno. Dopo cena crolla sul divano mentre guarda un film. Viene svegliata dal suono del campanello. Le 3. Chi può aver suonato alle 3 di notte? Sente un brivido e si avvolge nella coperta che tiene sul divano per le sere in relax davanti alla TV. Automaticamente, prende in mano il cellulare e di nuovo quella sensazione di smarrimento. Questa volta i messaggi sono 460. Identici a quelli della sera prima, e in più “Avevi promesso che ci saremmo sentiti e invece non mi hai chiamato. Sei diventata anche bugiarda oltre che puttana”.
E di nuovo, 40 volte puttana.
Improvvisamente, pensa che potrebbe essere stato Luca a suonare al campanello. Gli scrive, ma lui non risponde fino alle 6.30: “Scusami se non ho risposto ma è meglio se non ci sentiamo per un po’. Ho paura di me stesso e di quello che tu mi costringi a fare. Ho paura di farmi e farti molto male”.
Diana è perplessa e non riesce a decifrare il significato di quelle parole “Ho paura di me stesso”, e allora pensa che in effetti forse è meglio se per un po’ non si sentono. Servirà a lui per accettare, e a lei per dimenticare.
Quello che Diana non poteva sapere in quel momento, è che quelle erano solo le prime avvisaglie di qualcosa che sarebbe poi andato avanti per mesi, e mesi, e mesi. Non poteva sapere che il suo silenzio avrebbe fatto infuriare Luca ogni giorno di più. Né che lui avrebbe continuato ogni notte a tormentarla, per poi piangere finte lacrime il giorno dopo. Non poteva sapere che quando si sentiva seguita, era perché in effetti lo era. Non poteva sapere che la paura di quello che lui avrebbe potuto fare o dire, l’avrebbe paralizzata mentre era al lavoro, o a casa da sola, o per strada, o durante una gita con gli amici.
E mentre Luca continuava ad avere quelli che lui chiamava “raptus notturni”, lei lentamente diventava schiava di quella paura e di quella sadica routine. Si annullava lentamente, fino a non dormire più, a non mangiare, non uscire. Era diventata l’ombra di sé stessa.
A volte i messaggi raggiungevano quota 1000 a notte, gli squilli fatti solo per farla impazzire arrivavano anche a 2/300 ogni due/tre ore. Ogni volta lui si scusava, ma ogni volta non perdeva occasione per farla sentire in colpa per quello che lui si sentiva costretto a fare.
Diana è costretta a cambiare numero di telefono, ma è inutile, perché un amico comune glielo ridà, in totale buona fede.
Una mattina lei trova Luca sotto casa sua. Lui la provoca, la strattona, le distrugge il cellulare e riesce a spingerla contro a un muro. Lei non ha dormito e non ha forze per respingerlo. Ed è proprio in quel momento che lei realizza che stava sottovalutando una situazione realmente pericolosa. Capisce così che questa cosa deve finire subito. In qualche modo riesce a divincolarsi e si rifugia in un negozio sotto casa. La commessa che la accoglie vedendola così sconvolta le consiglia di rivolgersi ad un’associazione per la tutela delle donne vittime di violenza. Diana accetta e riesce a trovare il coraggio di denunciare Luca per stalking e atti persecutori. Le consigliano anche di intraprendere un percorso terapeutico per mettere ordine dentro e fuori di sé.
I Carabinieri sono certi che tutti quei messaggi e quelle telefonate, uniti all’episodio di aggressione, siano sufficienti a ottenere dal Giudice un divieto di avvicinamento in attesa del procedimento penale, e in effetti così accade. Lui deve starle lontano sia fisicamente che telematicamente, e ora Diana inizia a capire quanto è importante prendere coscienza della pericolosità di Luca, e accettare che tutti questi mesi non hanno fatto che moltiplicare le sue paure e i rischi a cui si è esposta. Non esce più di casa da sola e non si concede neanche un caffè con un’amica. Ne risente anche il lavoro perché non prende più appuntamenti con persone che non conosce personalmente e si rifiuta di incontrare chiunque se non in luoghi estremamente affollati. Ha cambiato tutte le sue abitudini per ridurre al minimo le possibilità essere certa di non essere seguita.
Eppure, in tutto questo, alcune domande hanno continuato ad assillarla per tanto tempo: “Dove ho sbagliato? È colpa mia? Davvero sono stati i miei comportamenti a fargli fare certe cose? Cosa succederà adesso?”
Grazie al percorso personale che ha intrapreso, però, ora Diana inizia a capire che tutto quello che è successo non è colpa sua. I senti di colpa sono frutto di quello che Luca le ha messo nella mente in quei lunghi mesi in cui lei ha subito la sua persecuzione.
Inizia a capire che non ci sono domande giuste, e non ci sono neanche risposte giuste. Tutto quello che vuole è sapere di non essere sola e di poter contare sul sostegno di tante persone: la sua famiglia, il suo compagno, i suoi amici, le volontarie dell’Associazione, che ormai sono diventate a loro volta delle grandi amiche.
E insieme a tutti loro affronterà il futuro, qualunque cosa accada.